Provare a raccontare questa piccola storia non è facile.
Non è la solita frase fatta e a dire la verità non c’è nulla di grave o di eccezionale.
Ci sono solo tanti anni di differenza ma le stesse emozioni.
Ed è raccontare le emozioni la cosa più difficile.
Sia perché sono una persona riservata sia perché temo sempre di non essere all’altezza.
Comunque…..
Lavoravo da poco, ho iniziato molto presto, ed ero in ferie. Ottobre.
All’epoca, nella mia azienda, i giovani ed i neo assunti non godevano di privilegi come le ferie estive. Se ti andava bene era l’inizio di giugno o la fine di settembre. Io scelsi ottobre perché è il mese in cui sono nato e perché non tutti sanno dell’estrema bellezza di ottobre che porta nelle sue botti mosto ed ebbrezza (Guccini).
Insomma, oltre le facili e pur vere battute, bighellonavo noiosamente per casa e mi divertivo a giracchiare la manopola della mia nuova radio Grundig, comprata con i soldini dei primi stipendi, ascoltando queste “radio pirata” esplose nell’etere.
Finalmente musica in libertà, persone giovani come me in voce e non i soliti programmi di mamma RAI.
Gira e rigira capito su una frequenza che “manda” bella musica e mi colpisce la voce del conduttore. Ma io la conosco questa voce? Mi metto attento ad ascoltare mentre avanza il suono dei Led Zeppelin. Alla fine capisco chi è. Prendo coraggio, alzo il telefono e chiedo una canzone: Summertime di Janis Joplin (ho sempre adorato questa canzone) e mi presento. Era un (ex) compagno di classe del primo liceo.
Due chiacchere al telefono mentre gira il disco:
“perché non vieni a vedere la radio”;
“ma certo” (ci speravo).
La prima volta sono stato seduto in religioso silenzio a vedere questo meraviglioso mondo della radio. La prima volta, perché poi ho spesso, sempre, accompagnato questo amico portando anche i miei dischi.
Poi, timidamente e per gioco, una prima in “voce”, a seguire, una sera per un’emergenza, mi ono trovato da solo con due ore tutte mie.
Andò bene ed arrivò una trasmissione tutta mia.
Era il 1976.
Ho ricoperto diverse fasce orarie, ma la mia preferita era, e sempre sarà, quella notturna.
Sinceramente non ricordo se iniziavamo alle 22,00 o alle 23,00. In ogni modo stare in quello “studio” con i due piatti, il mixerino proprio davanti a te con il microfono e tutte quelle ore disponibili era bellissimo.
All’inizio non cera un “attenzione“ commerciale, ma sicuramente le ore diurne erano più vicine alle esigenze di “svago” degli ascoltatori. Ma la notte la libertà del conduttore era assoluta. Mandavo intere suite come Echoes dei Pink Floyd (23 minuti) senza interruzioni di voce. E il telefono squillava in continuazione. Il popolo della notte era con te e non solo sintonizzato ma in sintonia.
Era inebriante sentire di poter “trasmettere” agli ascoltatori le tue emozioni e riceverne di simili in ricambio.
Non ho mai curato eccessivamente le scalette. Prendevo i miei LP scegliendoli in ragione delle mie voglie di ascolto, andavo in radio e passavo quello che mi sembrava più opportuno.
E poi ho conosciuto tante persone eccezionali: Bruno, Raniero, Massimo, Alessandro, Francesco, Patrizia e tanti altri.
Ancora oggi siamo amici, di quelli veri.
Siamo andati avanti per quasi due anni.
Poi il “mercato” ha iniziato a cambiare le regole. I costi sono aumentati, le scelte di programmazione pian piano si sono modificate e si scelse, legittimamente per sopravvivere, la strada “commerciale”.
Fui fuori. Passai ad un’altra radio, ma durò poco. La magia, la mia magia, si era persa.
Questa la storia di allora.
Mi è sempre mancata la radio. Tantissimo.
In questi trent’anni ho sempre pensato a quella magia con nostalgia e con voglia di ritornare.
Ho sentito un bisogno “fisico” di avere una notte mia davanti al microfono, con la mia musica e i miei libri. Ho sentito il “bisogno” di farmi ascoltare ma soprattutto di ascoltare.
Dirò di più: ho sempre creato nella mia mente programmi e scalette.
Ho voglia, ad esempio, di leggere in voce l’autobiografia di Miles Davis e accompagnarla con scelte musicali sia del maestro sia dei suoi contemporanei.
Sinceramente ci sto lavorando.
Che vita sarebbe senza, almeno, un sogno nel cassetto?
Poi, qualche mese orsono, il sogno si concretizza.
Arriva broadcastitalia. E per quasi per gioco si torna in voce.
E’ via Web (dicono che è il futuro), i contatti per ora sono pochi e la mia ruggine è tanta.
Ma che emozione la prima sera.
Quasi le parole non uscivano.
Eccoci di nuovo con tante cose da raccontare che per quante sono ho fatto un gran confusione.
Quante idee.
E soprattutto stare in voce con gli amici di allora ma essenzialmente stare con Alessandro e giocare alla “radio”.
Ho un obiettivo da raggiungere: tornare ad essere libero con gli ascoltatori. Libero (e un pochino pirata) come tanti fa, noi, insieme, con le nostre “sensazioni”.
Non è la solita frase fatta e a dire la verità non c’è nulla di grave o di eccezionale.
Ci sono solo tanti anni di differenza ma le stesse emozioni.
Ed è raccontare le emozioni la cosa più difficile.
Sia perché sono una persona riservata sia perché temo sempre di non essere all’altezza.
Comunque…..
Lavoravo da poco, ho iniziato molto presto, ed ero in ferie. Ottobre.
All’epoca, nella mia azienda, i giovani ed i neo assunti non godevano di privilegi come le ferie estive. Se ti andava bene era l’inizio di giugno o la fine di settembre. Io scelsi ottobre perché è il mese in cui sono nato e perché non tutti sanno dell’estrema bellezza di ottobre che porta nelle sue botti mosto ed ebbrezza (Guccini).
Insomma, oltre le facili e pur vere battute, bighellonavo noiosamente per casa e mi divertivo a giracchiare la manopola della mia nuova radio Grundig, comprata con i soldini dei primi stipendi, ascoltando queste “radio pirata” esplose nell’etere.
Finalmente musica in libertà, persone giovani come me in voce e non i soliti programmi di mamma RAI.
Gira e rigira capito su una frequenza che “manda” bella musica e mi colpisce la voce del conduttore. Ma io la conosco questa voce? Mi metto attento ad ascoltare mentre avanza il suono dei Led Zeppelin. Alla fine capisco chi è. Prendo coraggio, alzo il telefono e chiedo una canzone: Summertime di Janis Joplin (ho sempre adorato questa canzone) e mi presento. Era un (ex) compagno di classe del primo liceo.
Due chiacchere al telefono mentre gira il disco:
“perché non vieni a vedere la radio”;
“ma certo” (ci speravo).
La prima volta sono stato seduto in religioso silenzio a vedere questo meraviglioso mondo della radio. La prima volta, perché poi ho spesso, sempre, accompagnato questo amico portando anche i miei dischi.
Poi, timidamente e per gioco, una prima in “voce”, a seguire, una sera per un’emergenza, mi ono trovato da solo con due ore tutte mie.
Andò bene ed arrivò una trasmissione tutta mia.
Era il 1976.
Ho ricoperto diverse fasce orarie, ma la mia preferita era, e sempre sarà, quella notturna.
Sinceramente non ricordo se iniziavamo alle 22,00 o alle 23,00. In ogni modo stare in quello “studio” con i due piatti, il mixerino proprio davanti a te con il microfono e tutte quelle ore disponibili era bellissimo.
All’inizio non cera un “attenzione“ commerciale, ma sicuramente le ore diurne erano più vicine alle esigenze di “svago” degli ascoltatori. Ma la notte la libertà del conduttore era assoluta. Mandavo intere suite come Echoes dei Pink Floyd (23 minuti) senza interruzioni di voce. E il telefono squillava in continuazione. Il popolo della notte era con te e non solo sintonizzato ma in sintonia.
Era inebriante sentire di poter “trasmettere” agli ascoltatori le tue emozioni e riceverne di simili in ricambio.
Non ho mai curato eccessivamente le scalette. Prendevo i miei LP scegliendoli in ragione delle mie voglie di ascolto, andavo in radio e passavo quello che mi sembrava più opportuno.
E poi ho conosciuto tante persone eccezionali: Bruno, Raniero, Massimo, Alessandro, Francesco, Patrizia e tanti altri.
Ancora oggi siamo amici, di quelli veri.
Siamo andati avanti per quasi due anni.
Poi il “mercato” ha iniziato a cambiare le regole. I costi sono aumentati, le scelte di programmazione pian piano si sono modificate e si scelse, legittimamente per sopravvivere, la strada “commerciale”.
Fui fuori. Passai ad un’altra radio, ma durò poco. La magia, la mia magia, si era persa.
Questa la storia di allora.
Mi è sempre mancata la radio. Tantissimo.
In questi trent’anni ho sempre pensato a quella magia con nostalgia e con voglia di ritornare.
Ho sentito un bisogno “fisico” di avere una notte mia davanti al microfono, con la mia musica e i miei libri. Ho sentito il “bisogno” di farmi ascoltare ma soprattutto di ascoltare.
Dirò di più: ho sempre creato nella mia mente programmi e scalette.
Ho voglia, ad esempio, di leggere in voce l’autobiografia di Miles Davis e accompagnarla con scelte musicali sia del maestro sia dei suoi contemporanei.
Sinceramente ci sto lavorando.
Che vita sarebbe senza, almeno, un sogno nel cassetto?
Poi, qualche mese orsono, il sogno si concretizza.
Arriva broadcastitalia. E per quasi per gioco si torna in voce.
E’ via Web (dicono che è il futuro), i contatti per ora sono pochi e la mia ruggine è tanta.
Ma che emozione la prima sera.
Quasi le parole non uscivano.
Eccoci di nuovo con tante cose da raccontare che per quante sono ho fatto un gran confusione.
Quante idee.
E soprattutto stare in voce con gli amici di allora ma essenzialmente stare con Alessandro e giocare alla “radio”.
Ho un obiettivo da raggiungere: tornare ad essere libero con gli ascoltatori. Libero (e un pochino pirata) come tanti fa, noi, insieme, con le nostre “sensazioni”.
Marco
2 commenti:
Il mondo della radio ha sempre avuto un certo fascino...mi piacerebbe fare un'esperienza in radio. Benvenuti nella bloggosfera!
Grazie del benvenuto.
Sinceramente mi ha sorpreso leggere il tuo commento. Stiamo ancora imparando ad usare il blog ed ho lanciato il mio post quasi per gioco ed essere immediatamente letto mi ha sorpreso.
Grazie.
Per l'esperienza in radio perchè no. Tra qualche giorno contiamo di pubblicare il nostro palimsesto. Contattaci.
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