venerdì 31 agosto 2007

Radio Libere: perchè il passato abbia un futuro

Radio Libere: perché il passato abbia un futuro
di Alessandro Staiti
(pubblicato su Atlas Orbis- n. 8 luglio 2007, periodico di Geopolitica, Sicurezza e Informazione)
Parlare oggi della radio, pioniere della comunicazione senza fili, può sembrare superfluo. Nel nostro mondo sempre più tecnologizzato, la radio sembra uno strumento obsoleto: eppure la radio continua a divertire, informare, tenere compagnia a molti di noi. Non è uno strumento impegnativo e invadente come la televisione: si può sentire in sottofondo, oppure ascoltarla con più attenzione. Possiamo decidere… e non è una questione da poco, in un mondo in cui alla quantità di informazioni che ci giunge da ogni mezzo non corrisponde altrettanta libertà di scelta. La radio, inoltre, è riuscita a “mescolarsi” con i più avanguardistici mezzi di comunicazione: la possiamo ascoltare in auto ormai da tempo, ma oggi la troviamo anche nei telefoni cellulari, nei lettori di file musicali mp3, nei personal computer e soprattutto su Internet con una quantità di stazioni pressoché inimmaginabile fino a qualche decennio fa. Per noi oggi è normale cambiare stazione, sintonizzarci sul programma che preferiamo, ma se risaliamo indietro di una trentina di anni ci accorgiamo che in realtà viviamo le conseguenze di una grande rivoluzione che avvenne nell’etere italiano nel 1975. Perché prima c’era soltanto Mamma Rai…
Il 10 marzo 2005 è stato celebrato il trentennale della radiofonia privata. Per convenzione è stata assunta la fondazione di Radio Milano International come data di nascita del fenomeno, ma già dal 1974 altre piccole emittenti avevano iniziato a trasmettere anche a Parma e Bologna. Un fenomeno che rivoluzionò letteralmente il panorama radiofonico italiano. Perché nel luglio 1974 la sentenza n. 225 della Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo il monopolio statale sulle trasmissioni sino alla definizione di un nuovo assetto normativo sul servizio pubblico. In quella terra di nessuno si insinuò l’iniziativa di alcuni coraggiosi pionieri e nacquero un po’ ovunque le radio private. All’inizio erano chiamate anche radio libere, perché non vi era quella censura e quella rigida seriosità istituzionale che aveva caratterizzato fino ad allora Radio Rai; o radio pirata, perché venivano denunciate, spente e poi riaccese in base alla sopra citata sentenza della Corte Costituzionale). Nell’estate del 1975 sulla modulazione di frequenza in Italia vi erano circa 150 emittenti, un anno dopo 600, nel 1984 erano già diventate 4200! Un caso unico in Europa che non solo fece lievitare la vendita degli apparecchi radiofonici del mille per cento, ma che soprattutto diede vita a una sorta di sconfinato laboratorio di comunicazione in cui venivano sperimentati nuovi modelli e nuove forme di broadcast. Certamente con qualche limitazione: perché le radio private erano ovviamente una realtà locale (lo stabilì poi anche per legge la sentenza n. 202/1976 della Corte Costituzionale); perché non possedevano nella maggior parte dei casi una solidità economica e tecnologica, tanto che molto era basato sulla buona volontà e lo spirito amatoriale di chi vi lavorava con entusiasmo.
Ma era proprio l’entusiasmo la chiave di volta di quella rivoluzione della comunicazione nel nostro Paese, in linea con il generale cambiamento dei costumi che si andava affermando. Lo rimarca in modo molto romantico Maurizio Amici, pioniere della radiofonia romana con Radio Hanna e fondatore assieme al fratello Giancarlo, a David Del Bufalo e molti altri dell’associazione Libere Voci (www.liberevoci.com): “… era il sogno di Davide che sconfiggeva Golia (la RAI e Radio Montecarlo). Anni lunghi da raccontare per l’avvicendarsi di emozioni, di tentativi, di innovazioni continue basate spesso sulla creatività e sulla genialità di neofiti convinti di poter cambiare il mondo. I cambiamenti ci sono stati; la società, grazie alle radio pirata e libere, ha modificato le proprie scelte, ha inconsapevolmente utilizzato, per la prima volta nel mondo dell’informazione radiotelevisiva, la libertà di scelta. Oggi le radio sono un’industria, piegata per lo più alla logica del mercato, al raggiungimento di un fatturato e la libertà su cui poggiava le fondamenta l’idea degli anni 70, si è in gran parte svilita”.
Le conquiste e le innovazioni delle radio libere sono poi state inglobate anche da Radio Rai, con le trasmissioni in notturna, le dediche e sopratutto le telefonate degli ascoltatori in diretta, uno dei fenomeni più significativi. Prima che le emittenti private introducessero queste novità, per il cittadino era più difficile comunicare con la radio: doveva scrivere una lettera, avere la fortuna di essere sorteggiato e così avrebbe avuto forse la remota possibilità di sentire il proprio nome via etere. Oggi con la Talk Radio, con i programmi di opinione, l’ascoltatore può entrare direttamente in trasmissione, fare domande al personaggio di turno, partecipare a dibattiti e discussioni. Vi è stata una rivoluzione dell’ascolto: non più l’atteggiamento in qualche modo passivo di chi sta dall’altra parte del ricevitore, ma la partecipazione attiva allo svolgimento della trasmissione. In altre parole anche l’ascoltatore fa la radio. Inimmaginabile fino ad allora. Sicuramente un grande segnale di democrazia e libertà.
Rimane da chiedersi se con l’avvento di grandi network nazionali siano ormai tramontati quei fremiti di creatività e chiusi quegli spazi di libertà inaugurati dalle radio libere negli anni Settanta. In gran parte probabilmente sì, perché il mercato ha una sua ferrea logica e impone una professionalità che spesso soffoca la spontaneità.
Ma forse non è andato tutto perduto, proprio grazie all’iniziativa di associazioni come Libere Voci, che ha dato vita a Broadcastitalia (www.broadcastitalia.it), un sito internet completo di una stazione radio in streaming, che ha un intento ben preciso: dare futuro a un glorioso passato, mettendo on-line programmi, testimonianze e storie delle prime emittenti radiofoniche libere italiane, tentando di costituire la prima radio-nastroteca privata. Un’impresa in cui finora nessuno si era cimentato.
È sempre Maurizio Amici ha spiegare la genesi dell’iniziativa: “Inizia l'avventura, o forse non è mai finita. 30 anni fa, più o meno in contemporanea, nascevano in Italia le radio libere, sorgevano come funghi, dalla sera alla mattina… Allora c'era in Italia una grande voglia di libertà, di democrazia. Una delle libertà fondamentali del cittadino sancite dalla nostra Costituzione è quella di poter comunicare con ogni mezzo le proprie idee, e su questo fulcro che in molti di noi ha fatto leva la voglia di accendere trasmettitori, di andare contro una lacunosa legge che sanciva il monopolio della RAI, di rischiare il sequestro delle apparecchiature e una denuncia penale. Forse oggi le cose sono cambiate, le radio libere sono diventate aziende… Lo spirito di libertà che ha spinto i ragazzi di 30 anni fa ad accendere il trasmettitore non esiste più, chissà forse va bene così. Forse anche questa è evoluzione. Dico forse perché non ci credo poi tanto… C'è ancora in ognuno di noi la voglia di comunicare di ridere e giocare con la nostra passione, di sentirci giovani nello spirito, quali evidentemente siamo, e di tentare una nuova sfida. Nasce così Broadcastitalia, all'insegna del nostro motto «Perché il passato abbia un futuro». Se 30 anni fa abbiamo provato a fare qualcosa più grande di noi, riuscendoci peraltro, non vedo perché dovremmo scoraggiarci in questa nuova avvincente sfida. Una «banda» di ex è già all'opera”.
È proprio così, forse l'avventura non è mai finita. Confidando che le nuove generazioni possano fare tesoro di questa grande esperienza per mantenere accesa la fiamma di quei valori di partecipazione e confronto che sono alla base di una moderna società democratica.
Alessandro Staiti

Nessun commento: